Analisi Tecnica

Ricetta Monti: problemi risolti o stiamo peggio di prima?

By Aprile 30, 2012Maggio 3rd, 2012No Comments

La ricetta Monti funziona? Riusciremo a salvare la pelle e ad evitare di finire come la Grecia, oppure stiamo solo agonizzando e nel frattempo siamo diventati tutti più poveri, tristi ed incazzati?

Tasse, imposte, austerità, razionalizzazione della spesa pubblica, tagli degli sprechi, sono la formula magica che ci farà ripartire, oppure c’è qualcosa che non funziona, che i bravi tecnici che adesso sono al Governo non riescono a capire, o che fanno finta di non capire?

Tante belle domande meritano risposte da 10 e lode, ma purtroppo nessuno riesce a prevedere con esattezza il futuro, sebbene esistano dei sedicenti maghi che di mestiere fanno proprio questo.
Allora ci dobbiamo accontentare di previsioni, come quelle del tempo, e ribadiamo previsioni, quindi non certezze.

Tuttavia però, se una previsione è fatta con accuratezza, non campata in aria, e sulla base di dati storici ed economici, allora possiamo ragionevolmente attenderci di fare buone previsioni.
Per spiegare (o almeno per ipotizzare secondo il nostro ragionamento) quale potrebbe essere il futuro prossimo dell’Italia e dell’area Euro, prendiamo spunto da alcuni post del professore Alberto Bagnai che trovate pubblicati sul sito http://goofynomics.blogspot.it, Docente di politica economica presso il Dipartimento di Economia dell’Università Gabriele d’Annunzio di Chieti-Pescara.

In primo luogo rispolveriamo la Formazione del PIL (queste formule le trovate in qualsiasi libro di Economia Politica)

Questa è la formula Kenesyana semplificata del reddito:
Y= C + G + I + NX

Y è il reddito
C sono i consumi privati
G è la spesa pubblica
I sono gli investimenti
NX le esportazioni nette, cioè la differenza tra esportazioni ed importazioni di un paese.

Il PIL di un paese non è altro che la somma di tutti i redditi prodotti da quel paese, cioè Y, quindi Y non è altro che il PIL, cioè l’intero valore della produzione. In formule PIL=C + G + I + NX

Adesso facciamo un esempio utilizzando dati inventati:
Supponiamo che L’Italia abbia un debito pubblico di 114 miliardi (nella realtà è di quasi 2 mila miliardi), con un PIL di 95 miliardi ed un rapporto debito/PIL di 114/95 =1,2 – ovvero al 120% (il rapporto è veramente al 120% circa).

Per gli esperti questo rapporto è troppo elevato, quindi bisogna abbassarlo.
Ma come si abbassa?
Essendo un rapporto, o si diminuisce il numeratore, quindi si riduce il debito, oppure si aumenta il denominatore, cioè si aumenta il PIL, quindi aumenta la crescita.

Bene, proviamo a ridurre il debito allora!
Ma come facciamo? Diminuiamo la spesa pubblica e quindi riduciamo le uscite, oppure aumentiamo le entrate, cioè le tasse?

Di aumentare le tasse non se ne parla (in un mondo ideale), quindi diminuiamo la spesa pubblica, eliminiamo gli sprechi, riduciamo i servizi. Non stanno facendo questo al Governo?

Supponiamo di ridurre di 5 miliardi la spesa pubblica, secondo voi cosa succederà al rapporto debito/PIL?
Attenzione, stiamo ipotizzando che:
1. Il PIL rimane costante
2. Non aumentano le tasse
3. Che siamo in pareggio di bilancio. Per la cronaca, il FMI prevede che ciò non accadrà fino al 2017

Allora calcoliamo il nuovo rapporto:
Visto che la spesa pubblica rientra tra i redditi, cioè tra il PIL, dobbiamo togliere 5 miliardi anche al PIL, quindi 109/90 = 1,21 cioè 121%

Dopo tanti sforzi e sacrifici il rapporto è aumentato!
Ma non volevamo ridurlo?

Sebbene sotto determinate ipotesi ed in maniera semplificata, abbiamo dimostrato che se vuoi ridurre il rapporto debito/PIL non puoi solamente ridurre la spesa pubblica.

Allora ritorniamo all’esempio e vediamo di risolvere il problema:
1. Innanzitutto lo stato non è in pareggio e quindi il deficit avrebbe aggravato ancora di più il debito e di contro anche il famoso rapporto.
2. Dobbiamo aumentare le tasse e recuperare denaro per compensare il deficit e la riduzione del PIL
3. Il PIL non è costante, anche se di poco aumenta, tranne in recessione. In Italia cresciamo da anni a tassi del’1 – 2 % annuo.

Quindi, il debito è 114 miliardi, il PIL 95 miliardi, le previsioni per il 2012 vedono un deficit di 3 miliardi ed una crescita del PIL di 2 miliardi.
Il debito aumenterà a 114+3= 117 miliardi, mentre il PIL passerà a 95+2= 97 miliardi.

Se non facciamo qualcosa il rapporto debito/PIL peggiorerà
La soluzione non può consistere solo nel ridurre la spesa pubblica perché come abbiamo visto fa parte del PIL e l’effetto non voluto sarebbe invece l’incremento del rapporto.

Dobbiamo ridurre la spesa pubblica ma anche aumentare le tasse (quasi quasi sembra la ricetta del Governo Monti).
Aumentiamo le tasse e togliamo reddito alle famiglie, ci vogliono dei sacrifici, ma almeno riusciremo nel nostro intento, ovvero ridurre il rapporto debito pubblico/PIL.

Peccato che abbiamo dimenticato la teoria fondamentale di Keynes: Attraverso quello che Keynes chiama moltiplicatore, la variazione di una componente del reddito, ad esempio la spesa pubblica, inciderà sul reddito in maniera più che proporzionale rispetto alla variazione iniziale, questo appunto a causa del moltiplicatore.

In parole povere, se aumentiamo le tasse, togliamo reddito alle famiglie, e ipotizzando che il reddito nominale rimanga costante, il reddito disponibile (il reddito che residua tolte le imposte) si riduce. Se il reddito si riduce, i consumi si riducono; se i consumi si riducono, le imprese riducono i profitti, quindi licenziano. Se licenziano, i lavoratori perdono reddito e quindi riducono ancora i consumi. Minori consumi significa minori vendite, quindi investimenti più bassi e di conseguenza riduzione della produzione, cioè ulteriore riduzione del reddito complessivo (PIL) che incide ulteriormente sui consumi. Questa riduzione a spirale è l’effetto del moltiplicatore.
Attenzione, non dimentichiamoci che la spesa pubblica rientra nel PIL, e quindi, se la riduciamo riduciamo ancora di più il PIL.

Morale della favola, una manovra che punta a risollevare le sorti del proprio stato solamente attraverso l’aumento delle tasse e la riduzione della spesa pubblica, senza crescita, non produce benefici duraturi, ma anzi, rischia di peggiorare le cose: Il paese si impoverisce, lavora di meno, consuma di meno, produce di meno.

Nella sua forma standard il moltiplicatore assume questa formula: 1/(1-c) dove “c” è la propensione marginale al consumo, cioè indica quanto il consumatore spende del proprio reddito.
La propensione è compresa tra 0 e 1
Non scende mai sotto lo zero perché il consumatore ha comunque propensione al consumo, non può essere superiore ad 1 perché 1 indica l’intero consumo del reddito.

Se normalmente la propensione marginale al consumo è al 60%, vuol dire che una persona che ha un reddito di 100 ne spende 60.

Così, supponiamo di ridurre G (spesa pubblica di 3 miliardi, come nell’esempio sopra).
Se la propensione al consumo è del 60% il moltiplicatore è 1/(1-0,6)= 2,5 che moltiplicato alla variazione negativa di G (riduzione di 3 miliardi di spesa pubblica) fa:
2,5 * 3 miliardi= 7,5 Miliardi.

Il governo ha ridotto la spesa pubblica di 3 miliardi, ma il reddito, per effetto del moltiplicatore, si è ridotto di 7,5 miliardi.
Adesso noi abbiamo semplificato le cose, ma il reddito si sarebbe ridotto ancora di più a causa dell’aumento delle tasse, senza considerare che incidono altre variabili come gli investimenti, le esportazioni nette, i tassi di interesse, le aspettative dei consumatori e di chi investe.

E allora cosa dovrebbe fare il Governo?
Purtroppo, la morsa dei tassi d’interesse elevati, il deficit e l’elevato debito pubblico condizionano le scelte, tuttavia, la sola politica di austerità non paga e non potrà mai essere la soluzione ai tanti problemi, ne stiamo infatti vedendo le conseguenze, sebbene era chiaro che pagare tassi d’interesse sul debito così alti non poteva essere sostenibile per lungo tempo. Ricordate a quanto era giunto lo spread tra bund tedeschi e btp italiani?

Tuttavia, se non incentivi la crescita dei consumi, quindi la produzione e di conseguenza gli investimenti, il PIL non cresce, e se non cresce il Prodotto Interno, ne hai di inventare tasse e di ridurre sprechi, il problema del rapporto debito/PIL non lo risolvi, anzi, peggiori la situazione e rischi avere minori entrate fiscali.

Se il paese cresce, aumentano le entrate perché tutti lavarono e senza aumentare le tasse l’erario incassa di più. Inoltre, se invece le tasse le riduci, le imprese diventano competitive, i nostri prodotti, che sono sicuramente migliori di quelli stranieri, riusciamo a venderli a prezzi più bassi, esportiamo ed incassiamo. Aumentano le richieste e quindi aumenta la produzione, le imprese assumono e gli italiani lavorano. Felici di avere nuovamente un reddito e nella prospettiva di un futuro migliore, le persone spendono denaro, le imprese investono, il denaro speso fa girare l’economia che cresce e produce ulteriori redditi e aumenti di consumo. Lo stato aumenta le proprie entrate fiscali senza necessariamente aumentare le tasse.

Scusate, ritorniamo alla realtà dei tassi di interessi elevati che gonfiano il debito, e alle 80-90 nuove tasse introdotte dal Governo Monti!
Il prof con tutti i suoi tecnici sono degli scemi?
No di certo, anzi, sono molto furbi, sanno bene cosa stanno facendo, il problema è che per cercare di salvare l’Italia la loro soluzione è quella di sacrificare gli Italiani, invece che prendere scelte coraggiose: Bisogna abbassare le tasse, ci vuole una politica improntata sulla crescita, è l’aumento del PIL che risolve tutti i problemi.

Invece la disoccupazione rimane alta, i salari reali si abbassano, i poveri diventano ancora più poveri, gli imprenditori non vedono futuro e si suicidano, però, le banche le stanno salvando con denaro pubblico e gli uomini del potere rimangono con gli stessi stipendi e privilegi di prima.

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