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Commenti economici finanziari settimanali di Matteo Nobile

By Agosto 23, 2014No Comments

Vi riporto un estratto della newsletter finanziaria settimanale a cura di Matteo Nobile, Portfolio Advisor presso BSI S.A. in Lugano che personalmente stimo e ammiro per la chiara e trasparente visione che ci trasmette tra le sue righe.

Buona Lettura!

Mercati Weekly – Hope

La settimana scorsa si era conclusa con le notizie di un convoglio armato russo distrutto dall'artiglieria ucraina. Di questa, tra smentite e conferme, non si è più saputo nulla, piuttosto sono partiti una serie di proclami sulla non volontà di invadere l'Ucarina da parte di Putin (e ci mancherebbe altro). Ad ogni modo, a parte qualche attimo di passione venerdì sull'entrata del convoglio umanitario, dopo giorni di controlli e analisi da parte delle forze di confine, la situazione Ucraina sembra essersi tranquillizzata. Limitato il problema del fronte geopolitico est europeo e ignorando la situazione sul medio oriente, i mercati sono tornati a considerare la situazione macroeconomica e da essa a provare a capire quali saranno le prossime mosse delle banche centrali. In Europa, si potrebbe riassumere tutto con i dati PMI: manifatturiero a 50.8 (atteso 51.3), servizi 53.5 (atteso 53.7) e composito 52.8 (atteso 53.4). Soprattutto i dati usciti sono di un punto pieno sotto il dato precedente. Nulla di trascendente, si tratta comunque di dati sopra la linea di demarcazione di 50, segnalando quindi espansione, e guardando bene, all'interno della normale oscillazione statistica di queste informazioni. I mercati però li hanno voluti considerare come l'ennesimo segnale necessario alla BCE per dover per forza intervenire in modo massiccio. Negli USA le cose sono molto più sfumate. Il mercato immobiliare continua a mostrare una certa vivacità, così come una serie di dati precursori (PMI Manifatturiero a 58 su attesa di 55.7). Il mercato del lavoro mostra segnali positivi, ma meno di quanto non ci si potrebbe aspettare ed è il punto sul quale sta discutendo Yellen e la speranza (forse l'ultima) per sperare che i tassi a breve potranno restare molto bassi per un periodo ancora lungo. La questione delle dinamiche del lavoro verrà sviscerata a Jackson Hole all'incontro annuale di banchieri centrali e economisti. Yellen e la FED si dicono ancora insoddisfatte della situazione. Ad ogni modo, i mercati da una parte hanno ritenuto che con l'ulteriore segnale di stagnazione europea, la BCE non potrà più tirarsi indietro e limitarsi a parlare e promettere, mentre che la questione della dinamica del lavoro sarà motivo per allontanare ulteriormente il rialzo dei tassi… allo quantitative easing, positivo per i mercati. Il movimento è anche stato piuttosto congruente: su i mercati azionari, su i tassi di interesse (giù le obbligazioni), ma già anche tutti gli spread di credito, compreso il Xover (high yield) che ha recuperato tutte le perdite del mese di agosto e gli mancano solo 30 punti per tornare ai suoi livelli minimi (massimi per le obbligazioni high yield). EURUSD però sembra mostrare che ci siano più probabilità di un intervento BCE che della FED; scendendo a 1.324 livello non visto da settembre 2013 in poi. Nel weekend diventeranno più chiare, forse, le intenzioni dei vari banchieri centrali, soprattutto del modo con il quale la FED vuole monitorare il mercato del lavoro e come vuole reagire ai nuovi dati.

Lavoro FED, Tassi BCE

Il tema del mondo del lavoro è già stato affrontato alcune volte su queste pagine, anni fa, in modo scettico quando la FED annunciava con gaudio e tripudio che la sua ricetta a base di quantitative easing oceanici stava abbassando il tasso di disoccupazione. Il problema di questi annunci è che osservava una dimensione economica che non rappresentava, matematicamente, la reale situazione. Il tasso sceso a 6.2% a luglio 2014 da quel 10% visto in novembre 2009, si dovrebbe dichiarare risolta la questione. Solo oggi la FED sembra comprendere che la situazione non è proprio così. Questa variabile non prende infatti in considerazione 3 elementi molto importanti: La base di calcolo: la percentuale di disoccupati si calcola generalmente sulla base del numero di persone che cercano attivamente un posto di lavoro sul numero di persone potenzialmente attive. Se ad esempio in una coppia uno dei partner decide di stare a casa, questo riduce il numero delle persone in cerca di lavoro, abbassando la percentuale, senza che però ci sia un particolare effetto economico (nel nucleo famigliare ci saranno meno entrate e meno spese) Non tutti i lavori remunerano allo stesso modo: se una persona perde un posto di lavoro remunerato 80'000 USD l'anno, e riesce a stento a trovarne uno, magari part time, da 30'000 USD l'anno, non fa incrementare il tasso di disoccupazione, ma evidentemente effetto economico sarà diverso: questa persona ha meno salario e meno possibilità di spesa. La tipologia di disoccupazione:la situazione ideale è un tasso di disoccupazione che consideri solo quella parte di popolazione che sta cambiando il lavoro ed è disoccupata solo in attesa di iniziare il nuovo lavoro (frizionale); al secondo posto troviamo un tasso di disoccupazione che oltre al tasso frizionale (sul quale non si può agire) comprenda solo la disoccupazione ciclica, quella data da un rallentamento economico. Su questa popolazione di disoccupazione si può “agire” cercando di rilanciare l'economia… ripartendo l'economia, questi disoccupati verranno riassorbiti. Ma esiste anche il terzo gruppo di persone quelle strutturalmente disoccupate, quelle rimaste fuori così a lungo dal mondo del lavoro da non essere più impiegabili se non con grandi sforzi di riqualificazione professionale. Se si tratta di giovani, il compito è impegnativo ma fattibile, se si tratta di persone oltre una certa età, la cosa si fa molto complicata. Negli USA si è notato purtroppo una riduzione del tasso di partecipazione (sta migliorando gradatamente solo negli ultimi mesi), una stagnazione dei salari, un aumento dei lavori part time e un allungamento della durata del periodo nel quale le persone restano disoccupate, incrementando il problema della disoccupazione strutturale. Un problema non da poco per la FED e per la politica. La BCE si trova di fronte ad un altro problema. Non che la disoccupazione europea sia meno drammatica, soprattutto a livello giovanile (eurostat indica 11.57% per giugno, e 23.10% per la popolazione sotto i 25 anni, con l'Italia a 43.7% e la Spagna di 53.5% di giovanile), ma si trova in questa situazione con i tassi di interesse già compressi in maniera impensabile per la reale situazione economica. I tassi tedeschi sono ai minimi storici con il decennale sotto 1%, gli spread italiani e spagnoli ad un livello probabilmente sganciato rispetto al reale rischio economico. Certo, 1.60% di differenziale tra Italia e Germania è ancora lontano dallo 0.07% visto nei momenti di gloria europeista del 2003, ma la situazione economica non può considerarsi uguale tra i 2 paesi. Ad ogni modo con il 2.57%, l'Italia non ha mai pagato un tasso di interesse così basso in termini assoluti. Con il rendimento delle obbligazioni corporate a 2.3% in media per quelle a lunga scadenza, “prezzo” da pagare sul mercato dei capitali per un finanziamento societario è inferiore a quello dell'Italia stessa. Ogni intervento monetario ha però un costo, in termini di inflazione, in termini di male allocazione delle risorse economiche, … Da una parte il mercato richiede un segnale, dall'altra la BCE sa che il suo intervento non migliorerebbe in termini reali assolutamente nulla e servirebbe probabilmente “solo” ai mercati finanziari. Riuscirà Draghi a promettere con sufficiente convinzione anche questa volta e a convincere che le misure già prese sulle obbligazioni asset backed e targeted refinancing saranno sufficienti ?

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